Un girone intero senza andare in doppia cifra. 12 partite consecutive fatte di numeri che, per il nostro Andreas Rinke, si possono giustamente, legittimamente definire insignificanti. Per Andreas una serie di tabellini da "virgola", 2, 4, 5, al massimo 9 punti, segnati contro Venegono. Per chi lo conosce bene, e per chi vuole leggere dentro i numeri di una stagione che per noi è continuamente punteggiata da alti e bassi, le prestazioni di Rinke potrebbero essere, probabilmente lo sono, un buonissimo spunto di riflessione.

Così, i 24 punti punti e la prova stellare, anche 10 assist, prodotti nel corso della bella vittoria conquistata contro Daverio, offrono la stura per altri ragionamenti.
Il più significativo dei quali riporta ad un paradosso tecnico: quello di pensare a Rinke come prototipo, va da sè sbagliato, di un playmaker ragionatore, fine costruttore di gioco, attento lettore di tutte le situazioni tattiche. Tutte cose che fanno a cazzotti con la "selvaggia" inclinazione tattica che sta dentro al DNA del nostro Andreas.

Certo, nelle ultime stagioni, parere largamente condiviso, Rinke è migliorato tantissimo nella gestione del gioco, nel proporre e variare i ritmi e, allo stesso tempo, si è applicato meticolosamente nel tentativo, spesso riuscito, di disciplinare sé stesso e regalare dei "codici" alla sua squadra. Ma, di fondo, la natura di un giocatore come Rinke, esuberante per carattere, esplosivo per fisicità, iper reattivo per doti atletiche, mentalmente generoso fino a stramazzare per terra per la fatica, mica la puoi cambiare.

Certo, glielo puoi chiedere. Puoi giustamente pretendere un sacrificio tattico ma, in fondo alla strada, troverai sempre il Rinke che, formato "Baby Shampoo", ovvero "libero e bello", darà il meglio di sè quando può correre, volare al ferro, prendersi tiri ignoranti e segnare canestri inaspettati fuori dai giochi. Rinke, insomma, più simile a Ray Richardson che ad Aldo Ossola.

I tanti ragazzini presenti sabato scorso sulle tribune del PalaParma, tutti suoi teneri virgulti, lo amano per quello. Per la straripante vitalità che, sicuramente, Andreas trasmetterà loro durante gli allenamenti.
Del resto, quando nelle gambe hai nascosto il motore di una Lamborghini, non puoi ragionevolmente pensare di ottenere il massimo facendolo girare in una ZTL.
Del resto, a un'anima "trap" come quella di Andreas, non puoi chiedere di comporre, sempre, soavi minuetti. Giusto?